IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;

VISTA la segnalazione presentata in data 31 gennaio 2012 dall’avvocato Marco Bosio in nome e per conto dei suoi assistiti XY e KW, con la quale si lamenta una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali con riferimento alla diffusione delle immagini relative all’arresto dei segnalanti nel corso della trasmissione “Presa Diretta” andata in onda su Rai 3 il 15 gennaio 2012;

VISTE le note di risposta inviate dal Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri il 27 febbraio 2012 e da Rai-Radiotelevisione Italiana s.p.a. il 13 aprile 2012;

VISTI gli atti d’ufficio e le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 1/2000;

RELATORE il dott. Mauro Paissan;

PREMESSO

Con segnalazione del 31 gennaio 2012, l’avv. Marco Bosio, in nome e per conto dei suoi assistiti XY e KW, ha lamentato che nel corso della puntata “Mafia al Nord” della trasmissione “Presa Diretta”, andata in onda su RAI 3 il 15 gennaio 2012, sono state diffuse le immagini dell’arresto dei segnalanti effettuato dai carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (R.O.S.) nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Genova.

La puntata di “Presa Diretta” oggetto di segnalazione, oltre ad altre immagini di arresti effettuati dai carabinieri del R.O.S., conteneva un servizio, ora non più reperibile sul sito Internet della trasmissione (www.presadiretta.rai.it/), che mostra l’arrivo degli agenti davanti alle abitazioni di due indagati, XY e KW, segnalanti in questo procedimento, e la successiva irruzione in orario presumibilmente notturno all’interno degli appartamenti. Gli indagati sono ritratti all’interno delle rispettive abitazioni (uno dei due, nelle sequenze iniziali, è abbigliato succintamente) mentre, in presenza di familiari i cui volti sono però oscurati, assistono alla perquisizione e al sequestro di valori e documenti e rispondono ad alcune domande formulate dagli agenti.

Per quanto riguarda la ricostruzione del fatto oggetto di segnalazione, l’avvocato Bosio, nella citata segnalazione del 31 gennaio, dichiara che “le riprese filmate erano state effettuate dai carabinieri dei ROS di Genova, i quali, su espressa richiesta di chiarimenti da parte del difensore, assicuravano la loro utilizzazione solo per finalità di indagine e per garantire, attraverso il controllo video, il corretto svolgersi della perquisizione”.

La RAI – Radiotelevisione Italiana s.p.a., nel rispondere ad una specifica richiesta di informazioni, ha inviato una nota il 13 aprile 2012, alla quale è allegata la dichiarazione di uno dei giornalisti autori del servizio contenente la seguente affermazione: “Le riprese effettuate all’interno delle abitazioni le ho ricevute dal Ros di Genova in un dvd con altro materiale con l’autorizzazione verbale a poterle mandare in onda”, mentre “le riprese degli arresti all’esterno delle abitazioni” sarebbero state effettuate dallo stesso giornalista. Su questa circostanza non risultano agli atti ulteriori ricostruzioni, considerato anche che il comandante del R.O.S., nella nota inviata il 27 febbraio 2102 a questo Garante, ha affermato a nome del Raggruppamento di “non dispo[rr]e di alcun elemento autonomo di valutazione sulla vicenda”.

CIO’ PREMESSO, IL GARANTE OSSERVA:

La diffusione di dati personali (relativi, cioè, a persone identificate o identificabili) nel corso di una trasmissione televisiva, raccolti nel corso di alcuni arresti effettuati dalla polizia giudiziaria all’esterno e all’interno di private abitazioni, configura un trattamento di dati personali per finalità giornalistiche al quale si applica la particolare disciplina posta dagli artt. 136-139 del Codice per la protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, di seguito: Codice), posta al fine di contemperare il diritto all’informazione e la libertà di stampa con i diritti della persona, in particolare quello alla riservatezza. In base a tale disciplina il giornalista può divulgare informazioni, anche sensibili, senza il consenso dell’interessato, purché nei “limiti del diritto di cronaca […] e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico” (art. 137, comma 3, del Codice); si applicano, inoltre, le disposizioni poste dal codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, riportato nell’allegato A1 del Codice. In particolare il codice deontologico citato, nel riaffermare la “Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali” (art. 12), precisa che “Salva l’essenzialità dell’informazione” il giornalista “non […] pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona” (art. 8). Sono, altresì, fatte salve le norme di legge poste a tutela del domicilio (art. 3).

Pertanto il giornalista, nel diffondere immagini che documentano operazioni di arresto, dovrà conformarsi sia ai parametri generali tra cui quello che impone di acquisire le informazioni in modo lecito e secondo correttezza (art. 11, comma 1, lett. a) del Codice) nonché di diffonderle dopo aver valutato la loro essenzialità riguardo alla notizia riferita (art. 137, comma 3, sopra citato), sia al principio posto in modo specifico a tutela della dignità di coloro che sono sottoposti ad arresto, principio che, peraltro, è alla base delle limitazioni poste dall’ordinamento (cfr. art. 114, comma 6bis, c.p.p.) alla diffusione di immagini di persone ritratte con manette ai polsi o sottoposte ad altro mezzo di coercizione fisica (su questo punto si veda anche il documento del Garante per la protezione dei dati personali 6 maggio 2004, “Privacy e giornalismo. Alcuni chiarimenti in risposta a quesiti dell’Ordine dei giornalisti” [doc. web n. 1007634]).

Nel caso specifico posto all’attenzione di questa Autorità, si ritiene che la trasmissione “Presa Diretta” del 15 gennaio u.s., ha riferito una vicenda di interesse pubblico, relativa ad alcune indagini dell’autorità giudiziaria dalle quali emerge l’infiltrazione di organizzazioni di stampo mafioso nel tessuto economico e nel governo locale di alcune regioni del Nord Italia, riportata con gli strumenti del reportage propri del c.d. giornalismo di inchiesta, particolare modalità di esercizio del diritto di cronaca costituzionalmente protetto, tutelata anche dal codice

deontologico citato.

Tuttavia la diffusione in chiaro, anche attraverso riprese “in primo piano”, delle immagini relative all’arresto dei segnalanti, non appare conforme al quadro normativo sopra esposto. In particolare, non è rispettoso della dignità della persona diffondere immagini –raccolte per finalità estranee a quelle proprie dell’attività giornalistica- che la ritraggono, anche semisvestita e all’interno della propria abitazione privata, nel momento delicatissimo in cui sta per essere presa in consegna dalle forze dell’ordine a seguito della loro irruzione; peraltro tali specifiche immagini, diversamente da quanto affermato nella nota RAI del 13 aprile u.s., non paiono rendere in termini essenziali una vicenda di indubbio interesse pubblico, in quanto non “indispensabil[i] in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti” (art. 6, comma 1 del codice deontologico).

Quanto alle modalità con cui sono state raccolte le immagini, il giornalista in base alle disposizioni vigenti è comunque tenuto ad effettuare una propria valutazione sulla diffusione delle informazioni di cui viene in possesso, fermo restando che restano impregiudicati gli aspetti che attengono al compiuto rispetto degli articoli del codice di procedura penale che disciplinano l’attività di indagine della polizia giudiziaria e la sua documentazione nonché l’obbligo del segreto, aspetti che saranno oggetto di segnalazione alla competente Direzione Distrettuale Antimafia.

Pertanto questa Autorità, ritenuto illecito nei termini di cui in motivazione il trattamento dei dati personali dei segnalanti effettuato nel corso della trasmissione “Presa Diretta” del 15 gennaio 2012, vieta a RAI – Radiotelevisione Italiana s.p.a., in qualità di titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 139, comma 5, 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice, l’ulteriore diffusione delle immagini in chiaro dei segnalanti ritratti nel momento in cui vengono sottoposti alla misura dell’arresto, di cui in premessa.

Si fa presente che in caso di inosservanza del divieto si renderanno applicabili le sanzioni di cui agli artt. 162, comma 2 ter e 170 del Codice.

TUTTO CIO’ PREMESSO IL GARANTE:

ai sensi degli artt. 139, comma 5, 143, comma 1, lett. c) e 154, comma 1, lett. d), del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196), accertata l’illiceità del trattamento, vieta a RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a., l’ulteriore diffusione dei dati personali consistenti nelle immagini in chiaro dei segnalanti ritratti nel momento in cui vengono arrestati.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 18 maggio 2012

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli

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